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A come ALCHIMIA (parte II...)

Urbino, parecchi anni prima. Diego è venuto con Laura da Milano per provare a vivere in Urbino, o meglio, nella sua campagna. E’ la controrivoluzione degli anni ’70/’80, quando tramontate ormai tutte le fantasie nate nei ’60, “apocalittici e integrati” s’inventarono la fuga nell’arcadia (che non c’è se non l’hai dentro!) quale atto ultimo di ribellione. Tanti ne sono come loro, perduti dietro sogni bucolici soltanto. Sogni ahimè, da cui spesso ci si desta con i calli nelle mani, la schiena a pezzi e il conto in banca prosciugato (e gli occhi piangono...), che quello della terra non è hobby per piedi dolci di città, ma lavoro vero che deve entrarti dentro con il latte della mamma, il vino del babbo e le bestemmie del nonno masticate col catarro mentre scanna il coniglio tramortito che la nonna tiene per i piedi...

Sono due borghesi, d’altra parte. Persone colte, con una biblioteca privata molto più ricca e fornita della loro capacità di far rendere la terra, e allevare e poi uccidere quel che tu stesso hai messo su con le tue di mani. Grazie a Dio, dico io. Prima del loro ritorno in Lombardia infatti, avremo modo di frequentarci e manco poco. Io, loro e i loro libri. Tanti e interessanti, specie poi quelli di Diego. Massone in sonno. Moderatamente interessato d’esoterismo, lo stesso poi per Laura, con una predilezione per l’astrologia ed i tarocchi. Cristiani entrambi. Fatto sta che di libri gliene chiesi in prestito parecchi...

Tutta roba divulgativa, intendiamoci. Saggi introduttivi, liminari.

Paccottiglia molti, come sempre. Alcuni divertenti. Altri stimolanti (fra tutti, Il Mattino dei Maghi). Qualche d’uno volto al “nero” davvero inquietante poi, nei suoi deliri.

Da divorare tutti!

Era il tempo in cui stavo iniziando a coltivare una vera e propria mania per il sapere, accanto a tutto il resto. Con una particolare predilezione poi, per tutto quello che potremmo definire “spirituale” in senso lato. Tanti erano i “conti che non mi tornavano” infatti, nei confronti delle due “vulgate” su cui s’incentrava allora e pure adesso la gran parte della cosiddetta cultura ufficiale: un’unica melassa di mal compreso e meno praticato cristianesimo, innestata s’un materialismo parascientifico, orizzontale solamente. Sociologico al più. Meno di nulla insomma, per un giovane cuore a caccia d’infinito!

Di qui lo studio “matto e gioiosissimo” per tutto quello che trattasse di mistica, metafisica e spiritualità, in ogni modo fosse possibile. Dai testi delle altre religioni, alle discipline “proibite” e più segrete, con rimandi ad ogni campo dello scibile che fosse in grado in ogni modo di gettare lumi in un universo altrimenti tenebroso solamente...

Ero onnivoro, sia per temi che per mezzi, non tralasciando fra le mie letture nemmeno la narrativa popolare ed i fumetti (passando poi per tanto, tanto cinema e documentaristica)!

Poco da dire, se non che il fascino più assoluto su di me lo esercitava quel macrouniverso culturale che va sotto il nome di METAFISICA...

Con una spiccata propensione poi, per tutto quel che era MAGIA in senso alto come basso del termine, per lo meno a livello culturale.

Sì, le forme più raffinate e gnostiche di conoscenza religiosa derivate per filiazione diretta dalle varie vie del sacro (mitologie comprese), accanto a quel coacervo di discipline differenti a metà strada fra la scienza e la spiritualità: questo il cibum che era mio, e per il quale giurai di essere nato!

Spigolando qua e la per ogni dove, notai subito che una parola tornava costantemente a catturar la mia attenzione, sia per il fascino peculiare che emanava, sia perché -poco da fare- la trovavi dappertutto, quasi fosse la spezia indispensabile capace di rendere sapida ogni forma di sapere più o meno “occulto”, anche il più strampalato e inconsistente: ...ALCHIMIA.

E la trovavi sostantivo vero e proprio, oppure derivante aggettivale appiccicata ad un’infinità di cose, come per legittimarle.

Poco da dire, se non che ne restai al contempo affascinato e pur sgomento... 1000 e 1000 erano le definizioni, e non una che finisse per essere congruente con le altre. Paleochimica, se a parlarne era per caso un testo di divulgazione relativo la storia della scienza e delle idee.

Pura disciplina psichica per Jung e i suoi seguaci, con una dimensione di laboratorio dai intendersi quale metafora soltanto.

Forma di auto allucinazione imago poietica invece, per certa critica d’arte (almeno in parte) “illuminata”.

Sorta di negromanzia prossima alla stregoneria per romanzieri gotici e pazzi furiosi infoiati cronici, sempre in cerca di oscuri brividi sessuali con la scusa del demonio (Sic!).

Sogno di pazzi e illusi che credevano possibile battere moneta con i ferri vecchi, per i razionalisti punto e basta.

E, come si diceva, un’infinità di altre cose tanto che -fra allegorie e simboli arcani, definizioni discordanti, testi propri poi più oscuri delle tenebre- davvero non mi fu possibile in quegli anni poco più che adolescenti farmene una definizione che fosse di per sé univoca e coerente.

Con solo una certezza in tutto questo: amavo questa “cosa strana”.

Mi affascinava da morire anche se, come dire, mi sembrava di vederla sempre e solo da lontano. Siccome dama bellissima e misteriosa che ragazzino non ardisci avvicinare, della quale dunque nulla sai e tutto puoi solo immaginare, mentre l’unica cosa che stringi fra le mani sono dubbi ed incertezze, assieme ad una nuvola di sogni...

Cercavo però di penetrarne il segreto, cercavo in ogni modo. Ma un giorno mi spinsi davvero troppo in là, per le mie forze. Corsi senza avere ancora ossa e tendini dell’anima capaci di sostenermi dinnanzi a quello che incontrai. E fui costretto a scappare, fuggire e ad abbandonare tutto. Ogni cosa, per serbare un barlume di personalità che potessi dire ancora “io”... Costretto a chiudermi in una fortezza d’impenetrabile normalità, per non mettere in pericolo persino la mia anima, assieme a quella specie di coscienza che ancora mi restava (tranquilli, di questo dirò altrove...).

Peccato, perché avevo un libro appena comperato da leggere (fra i tanti...).

Titolava “Il Mistero delle Cattedrali”, non sapevo di cosa parlasse, ma c’era lei in copertina.

Lei, la signora bianca con la scala dei saggi e tutto il resto che avrei rivisto anni dopo sulla facciata di Notre Dame de Paris...


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